
"Se mai diverrò una santa, sarò certamente una santa "del nascondimento": mi assenterò in continuazione dal paradiso per recarmi sulla terra ad accendere la luce di quelli che si trovano nell'oscurità". Scrivendo questa frase, in una lettera del 6 marzo 1962 al direttore spirituale padre Neuner, Madre Teresa di Calcutta certamente non avrebbe mai pensato che - a poco più di cinque anni dalla morte (avvenuta il 5 settembre 1997) - sarebbe stata già fissata la data della propria beatificazione, che Giovanni Paolo II presiederà in piazza San Pietro il 19 ottobre 2003.
Il contenuto di quelle parole, che a me piace definire la "grande promessa" di Madre Teresa, è ora di fatto ancor più concreto, in particolare per quanti furono al centro dell'attenzione della religiosa mentre era in vita: i "più poveri dei poveri", in senso sia materiale che spirituale. Fu con questa precisa definizione che Gesù Cristo, nelle locuzioni con cui le parlò per buona parte del 1946 e 1947, le indicò infatti verso chi avrebbe dovuto dirigere il proprio nuovo apostolato, lasciando alle spalle l'insegnamento che aveva caratterizzato sino ad allora la sua missione in India.
Ma non è certo perché udì la voce di Cristo, avendone anche delle visioni, che Madre Teresa sta ora per essere proclamata beata. Come per tutti i servi di Dio, il qualificato processo canonico ha messo in luce il suo pieno possesso in grado eroico delle virtù: e non soltanto di quella della carità, per la quale era giustamente conosciuta in tutto il mondo, bensì anche di tutte le altre virtù cristiane.
Inaspettatamente, è anzi forse proprio la fede la virtù più eroicamente da lei esercitata, in quanto -dopo l'anno abbondante di dialoghi con Gesù- per quasi tutto il resto della vita ella sperimentò la "notte oscura" che tanti mistici hanno conosciuto e descritto. Ma il suo atteggiamento fu sempre improntato alla speranza, come scrisse spiegando alle discepole le Costituzioni della Congregazione: "La mia anima può essere nell'oscurità, ma io so che oscurità, difficoltà e sofferenza sono il test più sicuro della mia totale resa a Cristo".
Alla luce di questa assoluta obbedienza, Madre Teresa ebbe sempre la chiara consapevolezza che la fede era il vero faro della propria vita, tanto da riuscire a guardare alle cose del mondo secondo la prospettiva di Dio e a intravedere anche negli eventi più insignificanti la sua mano.
Il 31 luglio 1962, in uno dei periodi più faticosi della sua esperienza spirituale, in una lettera alle sue Missionarie manifestava la convinzione che ella per prima mise in pratica durante tutta la vita: "Cristo ti utilizzerà per compiere grandi cose a condizione che tu creda più nel suo amore che nella tua debolezza. Credi in lui, abbi fede in lui con cieca e assoluta fiducia perché lui è Gesù.
Credi che Gesù, e soltanto lui, è la vita; e che la santità non è altro se non lo stesso Gesù che vive intimamente in te".
Il cuore della spiritualità di Madre Teresa di Calcutta sono state due frasi pronunciate da Gesù Cristo e tramandate dai Vangeli: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40) e "Ho sete" (Gv 19,28), l'implorazione di Gesù sulla croce, subito prima di morire.
Queste ultime due parole campeggiano a fianco del crocifisso in ogni cappella della Congregazione per ricordare "che ogni missionaria è qui per saziare la sete di Gesù, sete di anime e di amore, di bontà e di compassione".
E la sintesi che Madre Teresa faceva della sua vita spirituale e della sua missione può essere rappresentata da una sua rapida frase: "Un'unione d'amore con Gesù, in cui il divino e l'umano si identificano completamente l'un l'altro. Tutto quello che Gesù mi chiede è di donarmi a lui con tutta la mia povertà e il mio niente". L'azione in favore dei più poveri dei poveri si manifestava di conseguenza come un prendere coscienza del loro rappresentare - all'interno del "corpo mistico" della Chiesa - il sacramento di questo profondo bisogno di amore.
Un distillato della sua esperienza lo ritroviamo in due fra le più belle preghiere scritte da Madre Teresa: quella rivolta a Cristo, nella quale la Madre raccontava di aver riversato l'essenza delle locuzioni da lui ricevute, e quella indirizzata a Maria. La prima è: "Dolce Signore, sazierò la tua sete per le anime con il mio amore ardente per te. Il mio calice sarà colmo d'amore e di sacrifici compiuti per te, sazierò sempre più la tua sete per le anime, in unione con Maria, la nostra Regina, sazierò la tua sete". La seconda recita invece: "Maria, Madre di Gesù, sei stata la prima a sentire Gesù gridare: "Ho sete!". Tu sai bene quanto è vero e profondo il suo ardente desiderio per me e per i poveri. Io sono tua - l'intera Congregazione ti appartiene - le sorelle, i padri, i fratelli, sia attivi sia contemplativi. Illuminami, portami faccia a faccia con l'amore nel cuore di Gesù crocifisso. Con il tuo aiuto, o Maria, voglio ascoltare la sete di Gesù e sarà per me una Parola di vita. Stando vicino a te, gli darò il mio amore e sarò la causa della tua gioia, così da saziare la sete di Gesù".
L'essere "povera tra i poveri" per Madre Teresa non era dunque soltanto un modo per condividere la loro vita, bensì un vero e proprio immedesimarsi in quella che lei efficacemente definiva "la povertà della croce". Si trattava dell'adesione totale al piano divino, incarnata nella "rinuncia a ogni volontà, inclinazione, capriccio, desiderio, per rendersi volontariamente schiava della volontà di Dio". Ed era questo l'invito che faceva a ogni consorella, regalando un'immaginetta di Cristo in croce che riportava le parole: "Ho cercato qualcuno che mi consolasse e non ho trovato nessuno", e aggiungendovi a penna: "Sii tu questo "qualcuno"". Un invito che tuttora ella dal Cielo rivolge a ogni cristiano.
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