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venerdì 31 ottobre 2008

FESTA DI TUTTI I SANTI


Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
(Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)

Affrettiamoci verso i fratelli che ci aspettano
A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E' chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.
Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.
Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli
apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipiamo con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.
Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.
Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio.
Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostro corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.

mercoledì 29 ottobre 2008

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa

Seguiamo la via della verità
Rivestiamoci di pace, di umiltà, di castità. Teniamoci lontani da ogni mormorazione e maldicenza, e pratichiamo la giustizia non a parole, ma nelle opere. E' scritto infatti: Chi parla molto, sappia anche ascoltare, e il loquace non creda di salvarsi per le sue molte parole (cfr. Gb 11, 2).
Bisogna dunque che ci mettiamo di buon animo a fare il bene, poiché tutto ci è dato dal Signore. Egli ci avverte in precedenza: Ecco il Signore, e la sua ricompensa è con lui, per rendere a ciascuno secondo le sue opere (cfr. Ap 22, 12). Perciò ci esorta a credere in lui con tutto il cuore e a non essere pigri, ma dediti ad ogni opera buona.
Lui sia la nostra gloria e in lui riposi la nostra fiducia. Stiamo soggetti alla sua volontà e consideriamo come tutta la moltitudine degli angeli stia alla sua presenza, a servizio della sua volontà. Dice infatti la Scrittura: «Mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano» e «Proclamavano l'uno all'altro: Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la creazione è piena della sua gloria» (Dn 7, 10; Is 6, 3). Anche noi dunque uniamoci nello stesso luogo nella concordia dei sentimenti, e gridiamo continuamente a lui come una sola bocca, per essere partecipi delle sue grandi e gloriose promesse.
E' detto infatti: Occhio mai non vide, né orecchio udì né mai entrarono in cuore d'uomo quelle cose che Dio ha preparato per coloro che lo aspettano (cfr. 1 Cor 2, 9).
Come sono pieni di beatitudine e ammirabili i doni del Signore! La vita nell'immortalità, lo splendore nella giustizia, la verità nella franchezza, la fede nella confidenza, la padronanza di sé nella santità: tutto questo è stato messo alla portata delle nostre capacità. Quali saranno allora i beni che vengono preparati per coloro che lo aspettano? Solo il creatore e padre dei secoli, il santissimo ne conosce la quantità e la bellezza.
Noi dunque, per aver parte ai doni promessi, facciamo di tutto per trovarci nel numero di coloro che aspettano il Signore. E a quali condizioni potrà avvenire questo, o miei cari? Avverrà se il nostro cuore sarà saldo in Dio con la fede, se cercheremo con diligenza ciò che è gradito e accetto a lui, se compiremo ciò che è conforme alla sua santa volontà, se seguiremo la via della verità, rigettando da noi ogni forma di ingiustizia.

lunedì 27 ottobre 2008

Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo d'Alessandria, vescovo (Lib. 12, 1; PG 74, 707-710)




Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi
Nostro Signore Gesù Cristo stabilì le guide, i maestri del mondo e i dispensatori dei suoi divini misteri. Volle inoltre che essi risplendessero come luminari e rischiarassero non soltanto il paese dei Giudei, ma anche tutti gli altri che si trovano sotto il sole e tutti gli uomini che popolano la terra. E' verace perciò colui che afferma: «Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio» (Eb 5, 4). Nostro Signore Gesù Cristo ha rivestito gli apostoli di una grande dignità a preferenza di tutti gli altri discepoli.
I suoi apostoli furono le colonne e il fondamento della verità. Cristo afferma di aver dato loro la stessa missione che ebbe dal Padre. Mostrò così la grandezza dell'apostolato e la gloria incomparabile del loro ufficio, ma con ciò fece comprendere anche qual è la funzione del ministero apostolico.
Egli dunque pensava di dover mandare i suoi apostoli allo stesso modo con cui il Padre aveva mandato lui. Perciò era necessario che lo imitassero perfettamente e per questo conoscessero esattamente il mandato affidato al Figlio dal Padre. Ecco perché spiega molte volte la natura della sua missione. Una volta dice: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori alla conversione (cfr. Mt 9, 13). Un'altra volta afferma: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6, 38). Infatti «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3, 17).
Riassumendo perciò in poche parole le norme dell'apostolato, dice di averli mandati come egli stesso fu mandato dal Padre, perché da ciò imparassero che il loro preciso compito era quello di chiamare i peccatori a penitenza, di guarire i malati sia di corpo che di spirito, di non cercare nell'amministrazione dei beni di Dio la propria volontà, ma quella di colui da cui sono stati inviati e di salvare il mondo con il suo genuino insegnamento.
Fino a qual punto gli apostoli si siano sforzati di segnalarsi in tutto ciò, non sarà difficile conoscerlo se si leggeranno anche solo gli Atti degli Apostoli e gli scritti di san Paolo.

domenica 26 ottobre 2008

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa




Dio ordina il mondo con armonia e concordia e fa del bene a tutti
Fissiamo lo sguardo sul padre e creatore di tutto il mondo e immedesimiamoci intimamente con i suoi magnifici e incomparabili doni di pace e con i suoi benefici. Contempliamolo nella nostra mente e scrutiamo con gli occhi dell'anima il suo amore così longanime. Consideriamo quanto si dimostri benigno verso ogni sua creatura.
I cieli, che si muovono sotto il suo governo, gli sono sottomessi in pace; il giorno e la notte compiono il corso fissato da lui senza reciproco impedimento. Il sole, la luce e il coro degli astri percorrono le orbite prestabilite secondo la sua disposizione senza deviare dal loro corso, e in bell'armonia. La terra, feconda secondo il suo volere, produce a suo tempo cibo abbondante per gli uomini, le bestie e tutti gli esseri animati che vivono su di essa, senza discordanza e mutamento alcuno per rapporto a quanto egli ha stabilito. Gli stessi ordinamenti regolano gli abissi impenetrabili e le profondità della terra. Per suo ordine il mare immenso e sconfinato si raccolse nei suoi bacini e non oltrepassa i confini che gli furono imposti, ma si comporta così come Dio ha ordinato. Ha detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui si infrangerà l'orgoglio delle tue onde» (Gb 38, 11). L'oceano invalicabile per gli uomini e i mondi che si trovano al di là di esso sono retti dalle medesime disposizioni del Signore.
Le stagioni di primavera, d'estate, d'autunno e d'inverno si succedono regolarmente le une alle altre. Le masse dei venti adempiono il loro compito senza ritardi e nel tempo assegnato. Anche le sorgenti perenni, create per il nostro godimento e la nostra salute, offrono le loro acque ininterrottamente per sostentare la vita degli uomini. Persino gli animali più piccoli si stringono insieme nella pace e nella concordia. Tutto questo il grande creatore e Signore di ogni cosa ha comandato che si facesse in pace e concordia, sempre largo di benefici verso tutti, ma con maggiore abbondanza verso di noi che ricorriamo alla sua misericordia per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. A lui la gloria e l'onore nei secoli dei secoli. Amen.

venerdì 24 ottobre 2008

Dai «Discorsi» di san Pietro Crisòlogo, vescovo

Il Verbo, Sapienza di Dio, si è fatto carne
Il beato Apostolo ci ha fatto sapere che due uomini hanno dato principio al genere umano, cioè Adamo e Cristo. Due uomini uguali riguardo al corpo, ma diversi per merito. Somigliantissimi nelle membra, ma quanto mai diversi per la loro stessa origine. «Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita» (1 Cor 15, 45).
Quel primo fu creato da quest'ultimo, dal quale ricevette l'anima per vivere. Questi si è fatto da se stesso, perché è tale che non potrebbe aspettare la vita da un altro, egli che è il solo a dare a tutti la vita. Quello fu plasmato da vilissimo fango, questo viene al mondo dal grembo nobilissimo della Vergine. In quello la terra fu trasformata in carne, in questo la carne viene elevata fino a Dio.
E che più? Questo è il secondo Adamo che plasmò il primo e gli impresse la propria immagine. E così avvenne poi che egli ne prese la natura e il nome, per non dover perdere ciò che egli aveva fatto a sua immagine. C'è un primo Adamo e c'è un ultimo Adamo. Il primo ha un principio, l'ultimo non ha fine. E' proprio quest'ultimo infatti ad essere veramente il primo, dal momento che dice: «Sono io, io solo, il primo e anche l'ultimo» (Is 48, 12).
«Io sono il primo», cioè senza principio; «io sono l'ultimo», perché senza fine. «Non ci fu prima il corpo spirituale», dice l'Apostolo, «ma quello animale, e poi lo spirituale» (1 Cor 15, 46). Certo la terra viene prima del frutto, ma la terra non è tanto preziosa quanto il frutto. Quella richiede lamenti e fatiche, questo dà alimento e vita. Giustamente il profeta si gloria di tal frutto, dicendo: La nostra terra ha dato il suo frutto (cfr. Sal 84, 13). Quale frutto? Evidentemente quello di cui dice altrove: «Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono» (Sal 131, 11). «Il primo uomo, tratto dalla terra, dice l'Apostolo, è di terra; il secondo uomo, invece, che viene dal cielo, è celeste». E continua: «Quale è l'uomo fatto di terra così sono quelli di terra, ma quale il celeste, così anche i celesti» (1 Cor 15, 47-48). Come mai coloro che non sono nati tali potranno essere trovati celesti, non rimanendo cioè quello che erano quando nacquero, ma continuando ad essere ciò che diventarono quando sono rinati? E' questo, fratelli, il motivo per cui lo Spirito celeste con la sua luce divina rende fecondo il fonte verginale. Quelli che la sorgente fangosa aveva messo al mondo nella povera condizione di terrestri, il nuovo fonte li partorisce celesti e li conduce alla somiglianza del loro divino autore. Perciò, ormai rigenerati, ormai riformati ad immagine del nostro creatore, compianmo ciò che comanda l'Apostolo: «Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste» (1 Cor 15, 49).
Rinati ormai a somiglianza di nostro Signore e adottati da Dio come figli, portiamola tutta l'immagine del nostro Autore, portiamola con totale somiglianza, non nella maestà che a lui solo compete, ma in quella innocenza, semplicità, mitezza, pazienza, umiltà, misericordia, pace, con cui si è degnato di diventare come noi ed essere a noi simile.

PREGHIERA DI GUARIGIONE

SIGNORE, CREDO CHE TU SEI IN ME
CON IL TUO CORPO RISUSCITATO E
GLORIOSO E CON IL TUO SANGUE, CHE
E’ IL PREZZO DELLA NOSTRA REDENZIONE.
LASCIA CHE L’ENERGIA DEL TUO CORPO
E LA POTENZA DEL TUO SPIRITO PASSINO AL MIO.
FA’ CHE IL TUO SANGUE PREZIOSO CIRCOLI NELLE MIE VENE.
PORTANDOMI LA TUA VITA.
PER LE TUE FERITE GLORIOSE SIGNORE GESU’,
GUARISCI LE MIE FERITE
E QUELLE DEI MIEI FRATELLI MALATI.

DA: GUARITE GLI INFERMI

MARCELLINO IRAGNI o.d.c

giovedì 23 ottobre 2008

Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo





Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare
Forse hai da farmi una domanda: Come mai l'Apostolo ha detto: «Noi non sappiamo che cosa sia conveniente domandare»? (Rm 8, 26). Non possiamo davvero supporre che colui che diceva ciò, o coloro ai quali egli si rivolgeva, non conoscessero la preghiera del Signore.
Eppure da questa ignoranza non si dimostrò esente neppure l'Apostolo, benché egli forse sapesse pregare convenientemente. Infatti, quando gli fu conficcata una spina nella carne e un messo di satana fu incaricato di schiaffeggiarlo, perché non montasse in superbia per la grandezza delle rivelazioni, per ben tre volte pregò il Signore di liberarlo dalla prova. E così dimostrò di non sapere in questo caso che cosa gli era più conveniente domandare. Alla fine però sentì la risposta di Dio, che gli spiegava perché non avveniva quello che un uomo così santo chiedeva, e perché non conveniva che l'ottenesse: «Ti basta la mia grazia: la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9).
Pertanto nelle tribolazioni, che possono giovare come anche nuocere, non sappiamo quello che ci conviene chiedere, e tuttavia, perché si tratta di cose dure, moleste e contrarie all'inclinazione della natura, seguendo un desiderio comune a tutti gli uomini, noi preghiamo che ci vengano tolte. Dobbiamo però mostrare di fidarci del Signore. Se egli non allontana da noi le prove, non per questo dobbiamo credere di esser da lui dimenticati, ma piuttosto, con la santa sopportazione dei mali, dobbiamo sperare beni maggiori. Così infatti «la potenza si manifesta pienamente nella debolezza».
Questo è stato scritto perché nessuno si insuperbisca se viene esaudito quando chiede con impazienza quanto gli sarebbe più utile non ottenere. D'altra parte non si perda d'animo né disperi della divina misericordia se non viene esaudito quando domanda un benessere, che, a conti fatti, potrebbe amareggiarlo di più o mandarlo completamente in rovina. In queste cose dunque non sappiamo davvero quello che ci conviene chiedere.
Perciò, se accade proprio il contrario di quanto abbiamo chiesto nella preghiera, noi, sopportando pazientemente e rendendo grazie per ogni evenienza, non dobbiamo affatto dubitare che era più conveniente per noi quello che Dio ha voluto, che non quello che volevamo noi.
Ce ne dà la prova il nostro divino mediatore, il quale avendo detto: «Padre, se è possibile, passi da me questo calice», subito dopo, modificando la volontà umana, che aveva in sé dalla umanità assunta, soggiunse: «Però non come voglio io, ma come vuoi tu, o Padre» (Mt 26, 39). Ecco perché giustamente per l'obbedienza di uno solo tutti sono costituiti giusti (Rm 5, 19).

mercoledì 22 ottobre 2008

PADRE NOSTRO

Non dire: Padre
se ogni giorno
non ti comporti da figlio.
Non dire: Nostro
se vivi soltanto
nel tuo egoismo.
Non dire: Che sei nei cieli
se pensi soltanto
alle cose della terra.
Non dire: Venga il tuo regno
se lo confondi
con il successo materiale.
Non dire: Sia fatta la tua volontà
se non l’accetti anche
quando è dolorosa.
Non dire: Dacci oggi il nostro pane quotidiano
se non ti preoccupi
della gente che ha fame.
Non dire: Perdona i nostri debiti
se non sei disposto
a perdonare gli altri.
Non dire: Non ci indurre in tentazione
se continui a vivere
nell’ambiguità.
Non dire: Liberaci dal male
se non ti opponi
alle opere malvagie.

lunedì 20 ottobre 2008

DALL' IMITAZIONE DI CRISTO CAP III

DARE UMILE ASCOLTO ALLA PAROLA DI DIO, DA MOLTI NON MEDITATA A DOVERE

1.Ascolta, figlio, le mie parole; parole dolcissime, più alte di tutta la dottrina dei filosofi e dei sapienti di questo mondo. "Le mie parole sono spirito e vita" (Gv 6,63), e non vanno valutate secondo l'umano sentire. Non si debbono convertire in vano compiacimento; ma si debbono ascoltare nel silenzio, accogliendole con tutta umiltà e con grande amore. E dissi: "Beato colui che sarà stato formato da te, o Signore, e da te istruito intorno alla legge, così che gli siano alleviati i giorni del dolore" ed egli non sia desolato su questa terra (Sal 93,12s). Io, dice il Signore, fin dall'inizio ammaestrai i profeti, e ancora non manco di parlare a tutti. Ma molti sono sordi e duri alla mia voce. Numerosi sono coloro che ascoltano più volentieri il mondo che Dio, e seguono più facilmente i desideri della carne che la volontà di Dio. Il mondo promette cose da poco e che durano ben poco; eppure ci si fa schiavi del mondo, con grande smania. Io prometto cose grandissime ed eterne; eppure il cuore degli uomini resta torbido. Chi mai mi obbedisce e mi serve con tanto zelo, come si serve al mondo a ai suoi padroni? "Arrossisci, o Signore, così dice il mare" (Is 23,4). E se vuoi sapere il perché, ascolta. Per uno scarso vantaggio si percorre un lungo cammino; ma. Per la vita eterna, molti a stento alzano da terra un piede. Si corre dietro ad un modesto guadagno; talora, per un soldo, si litiga vergognosamente; per una cosa da nulla e dietro una piccola speranza non si esita a faticare giorno e notte; ma - cosa spudorata - per un bene che non viene meno, per un premio inestimabile, per l'onore più grande e la gloria che non ha fine, si stenta a faticare anche un poco.

2.Arrossisci, dunque, servo pigro e lamentoso; ché certuni sono più pronti ad andare alla perdizione di quanto non sia pronto tu ad andare alla vita: trovano essi più gioia in cose false di quanta ne trovi tu nella verità. Eppure essi sono ben spesso traditi dalla loro speranza, mentre la mia promessa non delude nessuno, né lascia a mani vuote colui che confida in me. Quel che ho promesso, darò; quel che ho detto adempirò, purché uno sia rimasto costante, sino alla fine, nel mio amore. Io sono colui che compenserà tutti i buoni e metterà severamente alla prova tutte le persone devote. Scrivi le mie parole nel tuo cuore e meditale attentamente; ti saranno molto utili nell'ora della tentazione. Quello che non avrai capito alla prima lettura, lo comprenderai nel giorno in cui io verrò a te. Due sono i modi con i quali io visito i miei eletti; la tentazione e la consolazione. Due sono le lezioni che io do loro ogni giorno; una, rimproverando i loro vizi, l'altra, esortandoli a rafforzare le loro virtù. Colui che, avendo ricevuto "le mie parole, le disprezza, avrà chi lo giudica". Nell'ultimo giorno (Gv 12,48).

Preghiera per chiedere la grazia della devozione.
3.Signore mio Dio, tu sei tutto il mio bene. E io, chi sono per osare di rivolgermi a te? Sono il tuo miserabile piccolo servo, un abietto vermiciattolo, molto più misero e disprezzabile di quanto io stesso non capisca e non osi confessare. Tuttavia, Signore, ricordati di me, che sono un nulla, nulla ho e nulla valgo. Tu solo sei buono, giusto e santo; tutto puoi e ogni cosa viene da te; tutto tu colmi, soltanto il peccatore tu lasci a mani vuote. Ricordati della tua misericordia (Sal 24,6) e riempi il mio cuore con la tua grazia; tu, che non permetti che resti vana la tua opera. Come potrò sopportare me stesso, in questa misera vita, se tu non mi conforterai con la tua pietà e con la grazia? Non distogliere da me la tua faccia, non tardare con la tua visita, non farmi mancare la tua grazia, affinché l'anima mia non divenga per te come una terra arida (Sal 142,6). Signore, insegnami a fare la tua volontà (Sal 142,10); insegnami a stare degnamente e umilmente accanto a te. Tutto tu sai di me, poiché mi conosci nell'intimo; anzi mi conoscevi prima che il mondo esistesse, prima che io fossi nato.

domenica 19 ottobre 2008

Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo

Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo
(Lett. 130, 8, 15. 17 - 9, 18; CSEL 44, 56-57. 59-60)

Le aspirazioni del cuore, anima della preghiera
Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Perché non diciamo piuttosto col salmista: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo, santuario»? (Sal 26, 4). Ivi infatti non c'è successione di giorni come se ogni giorno dovesse arrivare e poi passare. L'inizio dell'uno non segna la fine dell'altro, perché vi si trovano presenti tutti contemporaneamente. La vita, alla quale quei giorni appartengono, non conosce tramonto.
Per conseguire questa vita beata, la stessa vera Vita in persona ci ha insegnato a pregare, non con molte parole, come se fossimo tanto più facilmente esauditi, quanto più siamo prolissi. Nella preghiera infatti ci rivolgiamo a colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo (cfr. Mt 6, 7-8).
Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci. Questo dono, infatti, è assai grande, mentre noi siamo tanto piccoli e limitati per accoglierlo. Perciò ci vien detto: «Aprite anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli» (2 Cor 6, 13-14).
Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9), perché è là che il cuore dell'uomo deve entrare. Lo riceviamo con tanta maggiore capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio.
Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità, con desiderio ininterrotto. Ma in certe ore e in determinate circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole, perché, mediante questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il desiderio, tanto più ricco sarà l'effetto. E perciò, che altro vogliono dire le parole dell'Apostolo: «Pregate incessantemente» (1 Ts 5, 17) se non questo: Desiderate, senza stancarvi, da colui che solo può concederla quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna?

sabato 18 ottobre 2008

Il segreto di san Paolo: la vita interiore



Perché San Paolo è così grande?
Perché compì tante opere meravigliose?
Perché anno per anno i suoi insegnamenti, il suo apostolato, la sua missione nella Chiesa di Gesù Cristo vengono sempre più conosciuti, ammirati e celebrati?
San Paolo è uno di quei santi che giorno per giorno ringiovaniscono e dominano e conquistano: perché?
Il perché va ricercato nella sua vita interiore.
È qui il segreto.
I palloni pieni di aria, gonfi, in un giorno svaniscono, si vuotano, ma quando vi è la ricchezza, quando vi è la vera dottrina, quando vi sono i veri meriti, quando vi è la vera vita interiore, si diventa germe.
La pianta rimane qualche tempo nascosta perché tutto è chiuso in un embrione, messa sotto terra. Ma quando l’embrione si sviluppa, il germe si manifesta prima in una pianticella, poi in un ramoscello, quindi in una grande magnifica pianta. Ebbene l’apostolo Paolo era di grande vita interiore.

Beato Giacomo Alberione

venerdì 17 ottobre 2008

FESTA DI SAN LUCA

Dagli Atti degli Apostoli 9, 27-31; 11, 19-26

La Chiesa è colma del conforto dello Spirito Santo
Un giorno Barnaba prese con sé Paolo, lo presentò agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva a Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore e parlava e discuteva con gli Ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo. Venutolo però a sapere i fratelli, lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo.
Intanto quelli che erano stati dispersi dopo la persecuzione scoppiata al tempo di Stefano, erano arrivati fin nella Fenicia, a Cipro e ad Antiochia e non predicavano la parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni fra loro, cittadini di Cipro e di Cirène, giunti ad Antiochia, cominciarono a parlare anche ai Greci, predicando la buona novella del Signore Gesù. E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore. La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Barnaba ad Antiochia.
Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò e, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore. Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.

FESTA DI SAN LUCA

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 17, 1-3; PL 76, 1139)

Il Signore segue i suoi predicatori
Il nostro Signore e Salvatore, fratelli carissimi, ci ammonisce ora con la parola, ora con i fatti. A dire il vero, anche le sue azioni hanno valore di comando, perché mentre silenziosamente compie qualcosa ci fa conoscere quello che dobbiamo fare. Ecco che egli manda a due a due i discepoli a predicare, perché sono due i precetti della carità: l'amore di Dio, cioè, e l'amore del prossimo.
Il Signore manda i discepoli a due a due a predicare per indicarci tacitamente che non deve assolutamente assumersi il compito di predicare chi non ha la carità verso gli altri.
Giustamente poi è detto che «li inviò avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). Il Signore infatti segue i suoi predicatori, perché la predicazione giunge prima, e solo allora il Signore viene ad abitare nella nostra anima, quando lo hanno preceduto le parole dell'annunzio, attraverso le quali la verità è accolta nella mente. Per questo dice Isaia ai medesimi predicatori: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3). E il salmista dice loro: «Spianate la strada a chi sale sul tramonto» (Sal 67, 5 volg.). Il Signore salì «sul tramonto» che fu la sua morte.
Effettivamente il Signore salì «sul tramonto» in quanto la sua morte gli servì come alto piedistallo per manifestare maggiormente la sua gloria mediante la risurrezione. Salì «sul tramonto» perché risorgendo calpestò la morte che aveva affrontato.
Noi dunque spianiamo la strada a colui che sale «sul tramonto» quando predichiamo alle vostre menti la sua gloria; perché, venendo poi egli stesso, le illumini con la presenza del suo amore.
Ascoltiamo quello che dice nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe» (Mt 9, 37-38). Per una grande messe gli operai sono pochi. Di questa scarsità non possiamo parlare senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova assai di rado chi lavora nella messe del Signore. Ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.
Perciò riflettete attentamente, fratelli carissimi, sulla parola del Signore: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, perché siamo in grado di operare per voi come si conviene; perché la lingua non resti inattiva dall'esortare, e il nostro silenzio non condanni, presso il giusto giudice, noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori.

giovedì 16 ottobre 2008

Dalla «Lettera ai Romani» di sant'Ignazio di Antiochia, vescovo e martire




Sono frumento di Dio: sarò macinato dai denti delle fiere
Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. E' meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. E' vicino il momento della mia nascita.
Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo e alle seduzioni della materia chi vuol essere di Dio. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio. Se qualcuno lo ha in sé, comprenda quello che io voglio e mi compatisca, pensando all'angoscia che mi opprime.
Il principe di questo mondo vuole portarmi via e soffocare la mia aspirazione verso Dio. Nessuno di voi gli dia mano; state piuttosto dalla mia parte, cioè da quella di Dio. Non siate di quelli che professano Gesù Cristo e ancora amano il mondo. Non trovino posto in voi sentimenti meno buoni. Anche se vi supplicassi, quando sarà tra voi, non datemi ascolto: credete piuttosto a quanto vi scrivo ora nel pieno possesso della mia vita. Vi scrivo che desidero morire.
Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c'è più in me nessun'aspirazione per le realtà materiali, ma un'acqua viva mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile.
Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza. Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli è la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.

martedì 14 ottobre 2008

Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine


Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine
(Opusc. «Il libro della vita», cap. 22, 6-7, 14)

Ricordiamoci sempre dell'amore di Cristo
Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ha sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.
Ne ho fatto molte volte l'esperienza, e me l'ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. E' da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà.
Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Guardiamo il glorioso apostolo Paolo che non poteva fare a meno di avere sempre sulla bocca il nome di Gesù, perché l'aveva ben fisso nel cuore. Conosciuta questa verità, ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Se egli desidera innalzarci fra i principi della sua corte, accettiamo volentieri tale grazia.
Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell'amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell'accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica.

PER RIFLETTERE

Leggi questa breve storia:
<fare
in fretta:
andare a lavoro,passare prima a pagare le bollette..
Così mi inginocchiai e dissi una preghiera veloce,e altrettanto
velocemente mi rialzai.
E dentro di me mi sentivo a posto,avevo (a modo mio) adempiuto al mio
dovere di
Cristiano:La mia anima poteva stare in pace.
Durante la mia giornata (e durante tutte le giornate della mia vita)
non avevo tempo
da dedicare a persone bisognose,non avevo tempo per pregare,non avevo
tempo per
parlare di Cristo agli amici..e anche se ce lo avessi avuto non lo
avrei fatto,perchè
temevo che si prendessero gioco di me....Un giorno non avevo
tempo,l'altro mi vergognavo...
Fino a che,alla fine venne il tempo anche per me,il tempo di morire...
Andai davanti al Signore,e nelle sue mani vidi un libro:
Era il libro della VITA.
Gesù guardò il suo libro e disse: 'Non trovo il tuo nome.Una volta
fui
tentato di scriverlo..
Ma non trovai mai il tempo per farlo..E anche se lo avessi trovato,mi
vergonavo perchè
temevo ciò che avrebbe pensato il Padre Mio...'>>
.........

Perchè è così difficile dire la verità mentre mentire è così facile?
Perchè siamo annoiati in Chiesa e appena usciti siamo così desti?
Perchè è così difficile parlare di Dio mentre è così facile parlare di
cose scabrose?
Perchè è cosi facile cancellare una e-mail che parla di Dio,mentre
inoltriamo quelle stupide?

Inoltra questa mail e mandala a tutti i tuoi contatti.E quando avrai
finito: Prega..il Signore
Gesù ha detto: 'Nessun'altra arma è stata data agli uomini,solo
la
preghiera..ma non c'è
arma più forte della preghiera....'
Perciò trova il tempo per pregare,prega sempre,ogni giorno,più volte
al giorno..ma nel
pregare non usare preghiere imparate a memoria,nè troppe parole,ma
chiudi semplicemente
gli occhi e apri il cuore...e parla con Dio immaginando che sia di
fronte a te..
perchè anche se non Lo vedi Lui c'è davvero,e ti sta ascoltando..e
se
lo preghi col cuore
non tarderà di farti sentire che è lì...

PER RIFLETTERE

Leggi questa breve storia:
<fare
in fretta:
andare a lavoro,passare prima a pagare le bollette..
Così mi inginocchiai e dissi una preghiera veloce,e altrettanto
velocemente mi rialzai.
E dentro di me mi sentivo a posto,avevo (a modo mio) adempiuto al mio
dovere di
Cristiano:La mia anima poteva stare in pace.
Durante la mia giornata (e durante tutte le giornate della mia vita)
non avevo tempo
da dedicare a persone bisognose,non avevo tempo per pregare,non avevo
tempo per
parlare di Cristo agli amici..e anche se ce lo avessi avuto non lo
avrei fatto,perchè
temevo che si prendessero gioco di me....Un giorno non avevo
tempo,l'altro mi vergognavo...
Fino a che,alla fine venne il tempo anche per me,il tempo di morire...
Andai davanti al Signore,e nelle sue mani vidi un libro:
Era il libro della VITA.
Gesù guardò il suo libro e disse: 'Non trovo il tuo nome.Una volta
fui
tentato di scriverlo..
Ma non trovai mai il tempo per farlo..E anche se lo avessi trovato,mi
vergonavo perchè
temevo ciò che avrebbe pensato il Padre Mio...'>>
.........

Perchè è così difficile dire la verità mentre mentire è così facile?
Perchè siamo annoiati in Chiesa e appena usciti siamo così desti?
Perchè è così difficile parlare di Dio mentre è così facile parlare di
cose scabrose?
Perchè è cosi facile cancellare una e-mail che parla di Dio,mentre
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Gesù ha detto: 'Nessun'altra arma è stata data agli uomini,solo
la
preghiera..ma non c'è
arma più forte della preghiera....'
Perciò trova il tempo per pregare,prega sempre,ogni giorno,più volte
al giorno..ma nel
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chiudi semplicemente
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fronte a te..
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lo preghi col cuore
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dovere di
Cristiano:La mia anima poteva stare in pace.
Durante la mia giornata (e durante tutte le giornate della mia vita)
non avevo tempo
da dedicare a persone bisognose,non avevo tempo per pregare,non avevo
tempo per
parlare di Cristo agli amici..e anche se ce lo avessi avuto non lo
avrei fatto,perchè
temevo che si prendessero gioco di me....Un giorno non avevo
tempo,l'altro mi vergognavo...
Fino a che,alla fine venne il tempo anche per me,il tempo di morire...
Andai davanti al Signore,e nelle sue mani vidi un libro:
Era il libro della VITA.
Gesù guardò il suo libro e disse: 'Non trovo il tuo nome.Una volta
fui
tentato di scriverlo..
Ma non trovai mai il tempo per farlo..E anche se lo avessi trovato,mi
vergonavo perchè
temevo ciò che avrebbe pensato il Padre Mio...'>>
.........

Perchè è così difficile dire la verità mentre mentire è così facile?
Perchè siamo annoiati in Chiesa e appena usciti siamo così desti?
Perchè è così difficile parlare di Dio mentre è così facile parlare di
cose scabrose?
Perchè è cosi facile cancellare una e-mail che parla di Dio,mentre
inoltriamo quelle stupide?

Inoltra questa mail e mandala a tutti i tuoi contatti.E quando avrai
finito: Prega..il Signore
Gesù ha detto: 'Nessun'altra arma è stata data agli uomini,solo
la
preghiera..ma non c'è
arma più forte della preghiera....'
Perciò trova il tempo per pregare,prega sempre,ogni giorno,più volte
al giorno..ma nel
pregare non usare preghiere imparate a memoria,nè troppe parole,ma
chiudi semplicemente
gli occhi e apri il cuore...e parla con Dio immaginando che sia di
fronte a te..
perchè anche se non Lo vedi Lui c'è davvero,e ti sta ascoltando..e
se
lo preghi col cuore
non tarderà di farti sentire che è lì...

lunedì 13 ottobre 2008

SANTA TERESA D'AVILA


Eucaristia

«Il Signore le aveva dato una fede così viva che quando sentiva dagli altri che avrebbero desiderato di vivere al tempo in cui nostro Signore era sulla terra, rideva tra se stessa, sembrandole che possedendo nel SS. Sacramento lo stesso Cristo che allora si vedeva, non vi fosse altro da bramare».

«So inoltre di questa persona che per parecchi anni, benché non ancora molto perfetta, le sembrava di vedere con gli stessi occhi del corpo, al momento della Comunione, nostro Signore che le entrava nell'anima. Allora ella procurava di ravvivare la fede, faceva il possibile per distaccarsi dalle cose esteriori e si ritirava col Signore nella sua anima, dove sapeva di averlo visto discendere. Cercava di raccogliere i suoi sensi per far loro comprendere il gran bene che avevano: dico che cercava di raccoglierli per evitare che impedissero all'anima di comprenderlo. Si considerava ai piedi del Signore e, quasi lo vedesse con gli occhi del corpo, piangeva con la Maddalena in casa del Fariseo. Anche allora che non aveva devozione sensibile, la fede non mancava di assicurarla che il Signore era veramente nella sua anima».

« Appena vi comunicate chiudete gli occhi del corpo e aprite quelli dell'anima per fissarli in fondo al vostro cuore, dove il Signore è disceso . Vi dico, vi torno a dire e ve lo vorrei ripetere all'infinito, che se vi abituerete a questa pratica ogni qualvolta vi accosterete alla Comunione, il Signore non si nasconderà mai così in pieno da non manifestarsi con qualcuno dei molti espedienti che ho detto. Ciò sarà sempre in proporzione al vostro desiderio, potendolo voi desiderare con tanto ardore da indurlo talvolta a manifestarsi del tutto» (Cam. 34, 6, 7, 12).

Continuate a dare Gesù alla vostra gente non con le parole, ma con l'esempio, amando Gesù, irradiando la sua santità e diffondendo la sua fragranza di amore ovunque andate.
La gioia di Gesù sia la vostra forza.
Siate felici e in pace. Accettate tutto quello che vi dà, e date con un largo sorriso tutto quello che vi toglie.
Appartenete a Lui. Ditegli: "sono tua, e se mi tagliassi a pezzi, ogni frammento sarebbe ancora tutto tuo".
La sciate che Gesù sia la vittima e il sacerdote in voi.
Madre Teresa di Calcuta

domenica 12 ottobre 2008

Dal «Commento su Aggeo» di san Cirillo d'Alessandria, vescovo




Il mio nome è glorificato tra le genti

Al tempo della venuta del nostro Salvatore apparve un tempio divino senza alcun confronto più glorioso, più splendido ed eccellente di quello antico. Quanto superiore era la religione di Cristo e del Vangelo al culto dell'antica legge e quanto superiore è la realtà in confronto alla sua ombra, tanto più nobile è il tempio nuovo rispetto all'antico.
Penso che si possa aggiungere anche un'altra cosa. Il tempio era unico, quello di Gerusalemme, e il solo popolo di Israele offriva in esso i suoi sacrifici. Ma dopo che l'Unigenito si fece simile a noi, pur essendo «Dio e Signore, nostra luce» (Sal 117,27), come dice la Scrittura, il mondo intero si è riempito di sacri edifici e di innumerevoli adoratori che onorano il Dio dell'universo con sacrifici ed incensi spirituali. E questo, io penso, è ciò che Malachia profetizzò da parte di Dio: Io sono il grande Re, dice il Signore; grande è il mio nome fra le genti, e in ogni luogo saranno offerti l'incenso e l'oblazione pura (Cfr. Ml 1,11).
Da ciò risulta che la gloria dell'ultimo tempio, cioè della Chiesa, sarebbe stata più grande. A quanti lavorano con impegno e fatica alla sua edificazione, sarà dato dal Salvatore come dono e regalo celeste Cristo, che è la pace di tutti. Noi allora per mezzo di lui potremo presentarci al Padre in un solo Spirito (Cfr. Ef 2,18). Lo dichiara egli stesso quando dice: Darò la pace in questo luogo e la pace dell'anima in premio a chiunque concorrerà a innalzare questo tempio (Cfr. Ag 2,9). Aggiunge: «Vi do la mia pace» (Gv 14,27). E quale vantaggio questo offra a quanti lo amano, lo insegna san Paolo dicendo: La pace di Cristo, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e i vostri pensieri, (Cfr. Fil 4, 7). Anche il saggio Isaia pregava in termini simili: «Signore, ci concederai la pace, poiché tu dai successo a tutte le nostre imprese» (Is 26,12).
A quanti sono stati resi degni una volta della pace di Cristo è facile salvare l'anima loro e indirizzare la volontà a compiere bene quanto richiede la virtù.
Perciò a chiunque concorre alla costruzione del nuovo tempio promette la pace. Quanti dunque si adoperano a edificare la Chiesa o che sono messi a capo della famiglia di Dio (Cfr. Ef 2,22) come mistagoghi, cioè come interpreti dei sacri misteri sono sicuri di conseguire la salvezza. Ma lo sono anche coloro che provvedono al bene della propria anima, rendendosi roccia viva e spirituale (Cfr. 1 Cor 10,4) per il tempio santo, e dimora di Dio per mezzo dello Spirito (Cfr. Ef 2,22).

sabato 11 ottobre 2008

AMAMI COME SEI



(Gesù parla a un’anima)
“Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo: - so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: “Dammi il tuo cuore, amami come sei...”. Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai. Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non commettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami... come sei.., Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore ? non sono io l'Onnipotente ?. E se ml piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che Ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore dei poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: “Gesù ti amo”. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno né della tua scienza, né del tuo talento. Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai ... perché ti ho creato soltanto per l'amore. Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allegare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, morresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l’azione più insignificante solo per amore. Conto su di te per darmi gioia… Non ti preoccupare di non possedere virtù: ti darò le mie. Quando dovrai soffrire, ti darò la forza. Mi hai dato l’amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare… Ma ricordati… amami come sei… Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro. Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all’amore, non mi ameresti mai… Va…”

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa


Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 17, 3. 14; PL 76, 1139-1140. 1146)

Senso di responsabilità nel ministero
Sentiamo cosa dice il Signore nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe!» (Mt 9, 37-38).
Per una grande messe gli operai sono pochi; non possiamo parlare di questa scarsità senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova di rado chi lavora nella messe del Signore; ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.
Riflettete attentamente, fratelli carissimi, su quello che è scritto: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, affinché siamo in grado di operare per voi come si conviene, perché la lingua non resti inceppata nell'esortare, e il nostro silenzio non condanni presso il giusto giudice noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori. Spesso infatti la lingua dei predicatori perde la sua scioltezza a causa delle loro colpe; spesso invece viene tolta la possibilità della predicazione a coloro che sono a capo per colpa dei fedeli.
La lingua dei predicatori viene impedita dalla loro nequizia, secondo quanto dice il salmista: «All'empio Dio dice: Perché vai ripetendo i miei decreti?» (Sal 49, 16).
Altre volte la voce dei predicatori è ostacolata colpevolmente dai fedeli, come il Signore dice a Ezechiele: «Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto. Così non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genìa di ribelli» (Ez 3, 26). Come a dire: Ti viene tolta la parola della predicazione, perché il popolo non è degno di ascoltare l'esortazione della verità, quel popolo che nel suo agire mi è ribelle. Non è sempre facile però sapere per colpa di chi al predicatore venga tolta la parola. Ma si sa con tutta certezza che il silenzio del pastore nuoce talvolta a lui stesso, e sempre ai fedeli a lui soggetti.
Vi sono altre cose, fratelli carissimi, che mi rattristano profondamente sul modo di vivere dei pastori. E perché non sembri offensivo per qualcuno quello che sto per dire, accuso nel medesimo tempo anche me, quantunque mi trovi a questo posto non certo per mia libera scelta, ma piuttosto costretto dai tempi calamitosi in cui viviamo. Ci siamo ingolfati in affari terreni, e altro è ciò che abbiamo assunto con l'ufficio sacerdotale, altro ciò che mostriamo con i fatti. Noi abbandoniamo il ministero della predicazione e siamo chiamati vescovi, ma forse piuttosto a nostra condanna, dato che possediamo il titolo onorifico e non le qualità. Coloro che ci sono stati affidati abbandonano Dio e noi stiamo zitti. Giacciono nei loro peccati e noi non tendiamo loro la mano per correggerli. Ma come sarà possibile che noi emendiamo la vita degli altri, se trascuriamo la nostra? Tutti rivolti alle faccende terrene, diventiamo tanto più insensibili interiormente, quanto più sembriamo attenti agli affari esteriori. Ben per questo la santa Chiesa dice delle sue membra malate: «Mi hanno messo a guardiana delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita» (Ct 1, 6). Posti a custodi delle vigne, non custodiamo affatto la vigna, perché, implicati in azioni estranee, trascuriamo il ministero che dovremmo compiere.

venerdì 10 ottobre 2008

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa


Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa
(Om. 17, 3. 14; PL 76, 1139-1140. 1146)

Senso di responsabilità nel ministero
Sentiamo cosa dice il Signore nell'inviare i predicatori: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe!» (Mt 9, 37-38).
Per una grande messe gli operai sono pochi; non possiamo parlare di questa scarsità senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova di rado chi lavora nella messe del Signore; ci siamo assunti l'ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l'ufficio comporta.
Riflettete attentamente, fratelli carissimi, su quello che è scritto: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, affinché siamo in grado di operare per voi come si conviene, perché la lingua non resti inceppata nell'esortare, e il nostro silenzio non condanni presso il giusto giudice noi, che abbiamo assunto l'ufficio di predicatori. Spesso infatti la lingua dei predicatori perde la sua scioltezza a causa delle loro colpe; spesso invece viene tolta la possibilità della predicazione a coloro che sono a capo per colpa dei fedeli.
La lingua dei predicatori viene impedita dalla loro nequizia, secondo quanto dice il salmista: «All'empio Dio dice: Perché vai ripetendo i miei decreti?» (Sal 49, 16).
Altre volte la voce dei predicatori è ostacolata colpevolmente dai fedeli, come il Signore dice a Ezechiele: «Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto. Così non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genìa di ribelli» (Ez 3, 26). Come a dire: Ti viene tolta la parola della predicazione, perché il popolo non è degno di ascoltare l'esortazione della verità, quel popolo che nel suo agire mi è ribelle. Non è sempre facile però sapere per colpa di chi al predicatore venga tolta la parola. Ma si sa con tutta certezza che il silenzio del pastore nuoce talvolta a lui stesso, e sempre ai fedeli a lui soggetti.
Vi sono altre cose, fratelli carissimi, che mi rattristano profondamente sul modo di vivere dei pastori. E perché non sembri offensivo per qualcuno quello che sto per dire, accuso nel medesimo tempo anche me, quantunque mi trovi a questo posto non certo per mia libera scelta, ma piuttosto costretto dai tempi calamitosi in cui viviamo. Ci siamo ingolfati in affari terreni, e altro è ciò che abbiamo assunto con l'ufficio sacerdotale, altro ciò che mostriamo con i fatti. Noi abbandoniamo il ministero della predicazione e siamo chiamati vescovi, ma forse piuttosto a nostra condanna, dato che possediamo il titolo onorifico e non le qualità. Coloro che ci sono stati affidati abbandonano Dio e noi stiamo zitti. Giacciono nei loro peccati e noi non tendiamo loro la mano per correggerli. Ma come sarà possibile che noi emendiamo la vita degli altri, se trascuriamo la nostra? Tutti rivolti alle faccende terrene, diventiamo tanto più insensibili interiormente, quanto più sembriamo attenti agli affari esteriori. Ben per questo la santa Chiesa dice delle sue membra malate: «Mi hanno messo a guardiana delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita» (Ct 1, 6). Posti a custodi delle vigne, non custodiamo affatto la vigna, perché, implicati in azioni estranee, trascuriamo il ministero che dovremmo compiere.

giovedì 9 ottobre 2008

"LA PREGHIERA, la forza più potente del mondo"




Madre Teresa di Calcutta

Bisogna che tutti noi troviamo il tempo di restare in silenzio e di contemplare, soprattutto se viviamo nelle metropoli come Londra e New York, dove tutto si muove tanto in fretta. Ecco perché ho deciso di aprire la nostra prima Casa per le sorelle contemplative (la cui vocazione è pregare per buona parte della giornata) a New York anziché sull' Himalaya: ritenevo che silenzio e contemplazione fossero più necessari nelle città del mondo.
.
Comincio sempre la mia preghiera in silenzio, perché è nel silenzio del cuore che Dio parla. Dio è amico del silenzio:
dobbiamo ascoltare Dio perché ciò che conta non è quello che diciamo noi, ma quello che Egli dice a noi e attraverso di noi.
La preghiera alimenta l'anima: essa sta all'anima come il sangue sta al corpo, e porta più vicini a Dio. Dona inoltre un cuore limpido e puro. Un cuore limpido può vedere Dio, può parlare a Dio e può vedere l'amore di Dio negli altri. Quando hai un cuore limpido, vuoi dire che sei aperto e onesto con Dio, che non Gli stai nascondendo nulla, e ciò consente a Lui di prendere da te quello che vuole.
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Se stai cercando Dio e non sai da che parte cominciare, impara a pregare e assumiti l'impegno di pregare ogni giorno. Puoi pregare in qualsiasi momento, ovunque. Non è necessario trovarsi in cappella o in chiesa. Puoi pregare al lavoro: il lavoro non deve necessariamente fermare la preghiera, né la preghiera deve fermare il lavoro. Puoi anche consultare un sacerdote per essere guidato, o cercare di parlare direttamente con Dio. Basta che tu parli.
Digli tutto, parlagli. È nostro padre, è padre di tutti noi, qualunque sia la nostra religione. Siamo stati tutti creati da Dio, siamo i suoi figli. Dobbiamo sperare in Lui, lavorare per Lui. Se preghiamo, otterremo tutte le risposte di cui abbiamo bisogno.

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Senza preghiera non riuscirei a lavorare nemmeno per mezz'ora. Mediante la preghiera ricavo la mia forza da Dio. Inizia e concludi la giornata con la preghiera... Vai a Dio come un bambino...
Se trovi difficile pregare, puoi dire: "Vieni, Spirito Santo, guidami, proteggimi, sgombrami la mente perché io possa pregare". Oppure, se stai pregando Maria, puoi dire: "Maria, Madre di Gesù, fammi da Madre adesso, aiutami a pregare".
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Quando preghi, ringrazia Dio per tutti i suoi doni, perché tutto è Suo ed è un dono da parte Sua. La tua anima è un dono di Dio. Se sei cristiano, puoi recitare il Padre Nostro; se sei cattolico, l'Ave Maria, il Rosario, il Credo, tutte le preghiere più comuni. Se tu o la tua famiglia avete preghiere particolari, prega in quel modo. Se avrai fiducia nel Signore e nel potere della preghiera supererai quelle sensazioni di dubbio, di paura e di solitudine che di solito a tutti capita di provare.
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Ogni sera, prima di andare a letto, devi fare un esame di coscienza (perché non sai se sarai vivo il mattino dopo!). Qualsiasi cosa ti preoccupi, o qualsiasi torto tu abbia fatto, devi porvi riparo. Se per esempio hai rubato qualcosa, cerca di restituirla. Se hai offeso qualcuno, cerca di fare la pace con quella persona, fallo subito. Se non puoi fare la pace così, almeno fai la pace con Dio dicendo: "Mi dispiace molto!".
È importantissimo, perché così come compiamo atti d'amore, dobbiamo compiere atti di contrizione... Ci si sente bene a essere liberi da fardelli, ad avere il cuore pulito! Ricorda che Dio è misericordioso, è il Padre misericordioso di tutti noi. Siamo i Suoi figli e, se noi ci ricordiamo di chiedere scusa, Egli ci perdonerà e dimenticherà tutto.
.
Puoi anche pregare per il lavoro degli altri e aiutarli. Per esempio, nella nostra comunità, vi sono aiutanti "alter ego" che offrono le loro preghiere per una sorella che ha bisogno della forza di portare avanti il suo lavoro attivo. E abbiamo anche le sorelle e i fratelli contemplativi, che pregano continuamente per noi.
.

Vi sono moltissimi esempi del potere della preghiera, e di come Dio ci risponda, sempre. Un prete, padre Bert White, è venuto a trovarci a Calcutta perché era interessato al nostro lavoro.
È arrivato proprio al momento giusto: "Stavo andando a vedere il lavoro di Madre Teresa e delle Missionarie della Carità, e ho deciso di partecipare alla Messa nella Casa Madre. Arrivando alla porta principale, sono stato accolto da una sorella che mi ha detto: "Grazie a Dio sei qui, padre, vieni dentro". Ho domandato: "Come fai a sapere che sono un prete?", dato che non portavo gli abiti ecclesiastici, e lei ha risposto: "Il prete che di solito dice Messa non è potuto venire e così abbiamo pregato Dio che ce ne mandasse un altro!".

mercoledì 8 ottobre 2008



“La mia piú bella invenzione, dice Dio, è Maria.
Mi mancava una Mamma e l'ho fatta.
Ho fatto mia Madre prima che ella facesse me.Era piú sicuro.
Ora sono veramente un uomo come tutti gli uomini.
Non ho piú nulla di invidiare loro, poiché ho una Mam­ma, una vera.
Mi mancava.
Mia Madre si chiama Maria, dice Dio.
La sua anima è assolutamente pura e piena di grazia.
Il suo corpo è vergine, per­vaso da una luce che sulla terra mai mi sono stancato di guardarla, di ascoltarla, di animarla.
È bella mia Madre, tanto che, lasciando gli splen­dori del cielo, non mi sono trovato sperduto vicino a lei.
Eppure so bene, dice Dio, cosa sia l'essere portato dagli angeli: beh, non vale le braccia di una mamma, credetemi. Maria, mia Madre è morta, dice Dio.
Dopo che io ero risalito verso il cielo, ella mi mancava, io le mancavo.
Ella mi ha rag­giunto.
Con la sua anima, con il suo corpo direttamente.
Non potevo fare diversamente.
Era necessario.
Era conveniente.
Le dita che hanno portato Dio non potevano immobilizzarsi.
Gli occhi che hanno contemplato Dio non potevano restare chiusi.
Le labbra che hanno baciato Dio, non pote­vano irrigidirsi.
Il corpo purissimo che aveva dato un corpo a Dio non po­teva marcire mescolato alla terra.
Non ho potuto, non era possibile.
Mi sa­rebbe costato troppo.
Ho un bell'essere Dio, sono suo figlio, e comando io.
E poi, dice Gesú, l'ho fatto anche per gli uomini miei fratelli.
Perché ab­biano una Mamma in cielo. Una vera, una di loro, corpo e anima, la mia...
In cielo hanno una Mamma che li segue con gli occhi, con i suoi occhi di carne.
In cielo hanno una Mamma che li ama con tutto il cuore, con il suo cuore di carne.
E questa Mamma è la mia, che mi guarda con gli stessi oc­chi, che mi ama con lo stesso cuore.
Se gli uomini fossero furbi, ne appro­fitterebbero, dovrebbero ben sospettare che io non le posso rifiutare nul­la...
Che volete! È mia Madre.
Io l'ho voluta. Non me ne pento.
L'uno di fronte all'altro, corpo e anima, Madre e Figlio.
Eternamente Madre e Fi­glio
Madre e figli ... ».


M.Quoist

Orme






Una notte un uomo fece un sogno.

Sognò di passeggiare lungo la spiaggia con il Signore.

In cielo balenavano scene della sua vita.

Per ciascuna scena notò due serie di orme sulla sabbia:

una apparteneva a lui e l'altra al Signore.

Quando gli fu balenata davanti agli occhi l'ultima scena,

si voltò a guardare le orme

e notò che molte volte lungo il cammino vi era una sola serie di impronte.

Notò anche che questo avveniva durante i periodi più sfavorevoli

e più tristi della sua vita.

Ne rimase disorientato e interrogò il Signore.

"Signore, tu hai detto che se io avessi deciso di seguirti,

tu avresti camminato tutta la strada accanto a me,

ma io ho notato che durante i periodi più difficili della mia vita

vi era una sola serie di orme.

Non capisco perché,

quando avevo più bisogno di te,

mi hai abbandonato."
Il Signore rispose:

"Mio amato figlio, io ti voglio bene e non ti abbandonerei mai.

Durante i tuoi periodi di dolore e sofferenza,

quando vedi solo una serie di orme,

quelli sono i periodi in cui io ti ho portato in braccio."

martedì 7 ottobre 2008

MADRE TERESA


"Se mai diverrò una santa, sarò certamente una santa "del nascondimento": mi assenterò in continuazione dal paradiso per recarmi sulla terra ad accendere la luce di quelli che si trovano nell'oscurità". Scrivendo questa frase, in una lettera del 6 marzo 1962 al direttore spirituale padre Neuner, Madre Teresa di Calcutta certamente non avrebbe mai pensato che - a poco più di cinque anni dalla morte (avvenuta il 5 settembre 1997) - sarebbe stata già fissata la data della propria beatificazione, che Giovanni Paolo II presiederà in piazza San Pietro il 19 ottobre 2003.

Il contenuto di quelle parole, che a me piace definire la "grande promessa" di Madre Teresa, è ora di fatto ancor più concreto, in particolare per quanti furono al centro dell'attenzione della religiosa mentre era in vita: i "più poveri dei poveri", in senso sia materiale che spirituale. Fu con questa precisa definizione che Gesù Cristo, nelle locuzioni con cui le parlò per buona parte del 1946 e 1947, le indicò infatti verso chi avrebbe dovuto dirigere il proprio nuovo apostolato, lasciando alle spalle l'insegnamento che aveva caratterizzato sino ad allora la sua missione in India.

Ma non è certo perché udì la voce di Cristo, avendone anche delle visioni, che Madre Teresa sta ora per essere proclamata beata. Come per tutti i servi di Dio, il qualificato processo canonico ha messo in luce il suo pieno possesso in grado eroico delle virtù: e non soltanto di quella della carità, per la quale era giustamente conosciuta in tutto il mondo, bensì anche di tutte le altre virtù cristiane.
Inaspettatamente, è anzi forse proprio la fede la virtù più eroicamente da lei esercitata, in quanto -dopo l'anno abbondante di dialoghi con Gesù- per quasi tutto il resto della vita ella sperimentò la "notte oscura" che tanti mistici hanno conosciuto e descritto. Ma il suo atteggiamento fu sempre improntato alla speranza, come scrisse spiegando alle discepole le Costituzioni della Congregazione: "La mia anima può essere nell'oscurità, ma io so che oscurità, difficoltà e sofferenza sono il test più sicuro della mia totale resa a Cristo".
Alla luce di questa assoluta obbedienza, Madre Teresa ebbe sempre la chiara consapevolezza che la fede era il vero faro della propria vita, tanto da riuscire a guardare alle cose del mondo secondo la prospettiva di Dio e a intravedere anche negli eventi più insignificanti la sua mano.

Il 31 luglio 1962, in uno dei periodi più faticosi della sua esperienza spirituale, in una lettera alle sue Missionarie manifestava la convinzione che ella per prima mise in pratica durante tutta la vita: "Cristo ti utilizzerà per compiere grandi cose a condizione che tu creda più nel suo amore che nella tua debolezza. Credi in lui, abbi fede in lui con cieca e assoluta fiducia perché lui è Gesù.
Credi che Gesù, e soltanto lui, è la vita; e che la santità non è altro se non lo stesso Gesù che vive intimamente in te".
Il cuore della spiritualità di Madre Teresa di Calcutta sono state due frasi pronunciate da Gesù Cristo e tramandate dai Vangeli: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40) e "Ho sete" (Gv 19,28), l'implorazione di Gesù sulla croce, subito prima di morire.
Queste ultime due parole campeggiano a fianco del crocifisso in ogni cappella della Congregazione per ricordare "che ogni missionaria è qui per saziare la sete di Gesù, sete di anime e di amore, di bontà e di compassione".

E la sintesi che Madre Teresa faceva della sua vita spirituale e della sua missione può essere rappresentata da una sua rapida frase: "Un'unione d'amore con Gesù, in cui il divino e l'umano si identificano completamente l'un l'altro. Tutto quello che Gesù mi chiede è di donarmi a lui con tutta la mia povertà e il mio niente". L'azione in favore dei più poveri dei poveri si manifestava di conseguenza come un prendere coscienza del loro rappresentare - all'interno del "corpo mistico" della Chiesa - il sacramento di questo profondo bisogno di amore.

Un distillato della sua esperienza lo ritroviamo in due fra le più belle preghiere scritte da Madre Teresa: quella rivolta a Cristo, nella quale la Madre raccontava di aver riversato l'essenza delle locuzioni da lui ricevute, e quella indirizzata a Maria. La prima è: "Dolce Signore, sazierò la tua sete per le anime con il mio amore ardente per te. Il mio calice sarà colmo d'amore e di sacrifici compiuti per te, sazierò sempre più la tua sete per le anime, in unione con Maria, la nostra Regina, sazierò la tua sete". La seconda recita invece: "Maria, Madre di Gesù, sei stata la prima a sentire Gesù gridare: "Ho sete!". Tu sai bene quanto è vero e profondo il suo ardente desiderio per me e per i poveri. Io sono tua - l'intera Congregazione ti appartiene - le sorelle, i padri, i fratelli, sia attivi sia contemplativi. Illuminami, portami faccia a faccia con l'amore nel cuore di Gesù crocifisso. Con il tuo aiuto, o Maria, voglio ascoltare la sete di Gesù e sarà per me una Parola di vita. Stando vicino a te, gli darò il mio amore e sarò la causa della tua gioia, così da saziare la sete di Gesù".

L'essere "povera tra i poveri" per Madre Teresa non era dunque soltanto un modo per condividere la loro vita, bensì un vero e proprio immedesimarsi in quella che lei efficacemente definiva "la povertà della croce". Si trattava dell'adesione totale al piano divino, incarnata nella "rinuncia a ogni volontà, inclinazione, capriccio, desiderio, per rendersi volontariamente schiava della volontà di Dio". Ed era questo l'invito che faceva a ogni consorella, regalando un'immaginetta di Cristo in croce che riportava le parole: "Ho cercato qualcuno che mi consolasse e non ho trovato nessuno", e aggiungendovi a penna: "Sii tu questo "qualcuno"". Un invito che tuttora ella dal Cielo rivolge a ogni cristiano.

Se non ci fosse Gesù?!...


Se non ci fosse Gesù?!...


Racconto

È disperato. Ha perduto la vista all'improvviso e a nulla sono valse le cure dei medici. Ora non ha più denaro; tutti lo hanno abbandonato. È ormai deciso: prima o poi la farà finita con una vita tanto misera. Un giorno sente parlare di un certo Gesù che guarisce tutti, che a Gerico ha persino ridato la vista a un cieco nato e che non chiede nessun compenso per le sue prestazioni. Anzi, assieme alla salute del corpo, ridona la gioia di vivere. Si trascina giorno dopo giorno, Dio solo sa come, fino ad Gerusalemme, poiché gli hanno detto che Lui è là. Ora si aggira per le viuzze della città santa, mentre il sole è al tramonto. In Gerusalemme regna un silenzio profondo, troppo profondo, perché si azzardi a gridare quel nome nel quale ha riposto ogni sua speranza. Si accovaccia per terra e attende il mattino.

Si sveglia mentre attorno lui c’è già il brusio, che caratterizza l'inizio di giornata in una grande città. Raccoglie le idee, si alza in piedi e, porgendo le mani ai passanti, come se volesse chiedere l'elemosina, cerca di fermare qualcuno. Una donna ascolta la sua domanda e gli risponde: "Gesù non lo potrai più incontrare, il Sinedrio lo ha condannato; lo hanno crocifisso una decina di giorni fa. Il cieco si sente perduto. Poi gli balena un'idea improvvisa e supplica la donna: "Ti prego portami al Tempio o da uno dei componenti il Sinedrio". Ella lo accompagna e lo presenta a uno dei sacerdoti che incontrano nell'atrio della casa del Signore. Questi conferma al povero uomo la notizia che già sapeva: Gesù è stato condannato e ucciso. Il cieco implora: "Guariscimi tu dalla mia cecità, o fammi guarire da uno dei membri del Sinedrio, o da Ponzio Pilato!". Il sacerdote, sbalordito, a fatica riesce a fargli comprendere come lui non ha il potere di fare miracoli e come non possa pretenderlo dal Sinedrio e tanto meno dal Procuratore romano... Si fa un silenzio assoluto da parte della folla, che nel frattempo si era radunata, e tutti volgono uno sguardo interrogativo al sacerdote che, triste e vergognoso, guadagna frettolosamente l'interno del sontuoso edificio di culto. Il cieco continua ad interrogare la folla: "Era tanto buono, ma perché l’hanno ucciso?!".

Il cieco è seduto sul muricciolo che delimita la spianata del Tempio, con lo sguardo vuoto puntato alla pianura che non vede, ma che intuisce sotto di sé. È venuto il momento di portare a compimento il suo progetto: basta un salto oltre la balconata e tutto è fatto. All'improvviso sente un tocco sulla spalla; non vi fa caso. Poi sente insistente una voce che gli suggerisse di guardare la valle meravigliosa, il colle di ulivi, il sole che splende alto e illumina tutto di colori sgargianti. Un grido gli rimane strozzato in gola: sì! Vede tutte quelle cose come un tempo. Vede tutto fuorché "Colui" che lo ha toccato: è scomparso. Entra nel Tempio e si metta a riflettere: allora è vero quello che molti vanno dicendo, cioè che Gesù è risorto e sta apparendo qua e là ai suoi discepoli; ed è apparso pure a lui. Una gioia sovrumana invade il suo essere; una sola nube l’offusca: non è riuscito a ringraziare il Signore. Ma subito si rasserena. Quell’ "Uomo" lo avrebbe rivisto a suo tempo, e per ringraziarlo dell'immenso dono avrebbe avuto a disposizione tutta l'eternità.


Il Gesù buono che ha compassione di tutti non è scomparso.
E sempre al nostro fianco, subito pronto a indicarci, purché
glielo chiediamo, il sentiero luminoso che porta alla salvezza.


Per te chi è concretamente Gesù?

lunedì 6 ottobre 2008

Prega con semplicità




La vostra preghiera sia semplicissima; una sola parola è stata sufficiente al pubblicano e al figlio prodigo per ottenere il perdono di Dio (Lc 15,31)...

Non ci sia ricercatezza nelle parole della vostra preghiera; tante volte, i balbettamenti semplici e monotoni dei bambini persuadono il padre!
Non lanciatevi in lunghi discorsi, per non dissipare lo spirito con la ricerca delle parole. Una sola parola piena di fede ha salvato il buon ladrone (Lc 23,42).
La prolissità nella preghiera spesso riempie lo spirito di immagini e lo dissipa mentre spesso una sola parola ha per effetto di
raccoglierlo.

Se vi sentite consolati, afferrati da una parola della preghiera, fermatevi ad essa, poiché allora sta pregando con noi il nostro angelo.
Il primo grado della preghiera consiste dunque nello scacciare con una parola semplice, le suggestioni della mente
appena si presentano.

Il secondo consiste nel mantenere il nostro pensiero solo in ciò che diciamo e pensiamo.
Il terzo, è il rapimento dell’animo nel Signore.


San Giovanni Climaco

Gesù, pensaci Tu

Gesù, pensaci Tu

Gesù, pensaci Tu

L'ATTO DI ABBANDONO

(contro le ansie e le afflizioni)

Don Dolindo Ruotalo, Sacerdote napoletano vissuto e morto in concetto di santità, ha scritto questo insegnamento sull'abbandono in Dio ispirategli da Gesù stesso.

Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a Me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico, in verità che ogni atto di vero, cieco completo abbandono in me produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni più spinose. Abbandonarsi a Me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a Me una preghiera agitata perché Io segua voi e cambiare così l'agitazione in preghiera.

Abbandonarsi, significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero della tribolazione e rimettersi a Me, perché lo solo vi faccia trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, all'altra riva.

Quello che vi sconvolge e vi fa un male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo e il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge. Quante cose Io opero quando l'anima, nelle sue necessità spirituali e in quelle materiali, si volge a Me, mi guarda e, dicendomi "PENSACI TU" chiude gli occhi e riposa!

Avete poche Grazie quando vi assillate per produrle; ne avete moltissime quando in preghiera è un affidamento pieno a Me. Voi nel dolore pregate perché lo tolga, ma perché lo tolga come voi credete... Vi rivolgete a Me, ma volete che Io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma che gliela suggeriscono.

Non fate così ma come vi ho insegnato nel Pater: "SIA SANTIFICATO IL TUO NOME", cioè sii glorificato in questa mia necessità: "VENGA IL TUO REGNO", ossia, tutto concorra al tuo Regno in noi e nel mondo, "SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ", PENSACI TU.

Io intervengo con tutta la mia onnipotenza e risolvo le situazioni più chiuse. Ecco, tu vedi che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia: "SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ, "PENSACI TU". Ti dico che Io ci penso, che intervengo come medico e compio anche un miracolo quando occorre. Tu vedi che l'infermo peggiora? Non ti sconvolgere, ma chiudi gli occhi e dì: "PENSACI TU". Ti dico che Io ci penso.

È contro l'abbandono, la preoccupazione, l'agitazione e il voler pensare alle conseguenze di un fatto. È come la confusione dei fanciulli, quando pretendono che la mamma pensi alle loro necessità e vogliono pensarci loro, intralciando con le loro idee e i loro capricci infantili il suo lavoro.

Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia Grazia; chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare; chiudete gli occhi e non pensate al momento presente; stornate il pensiero dal futuro come da una tentazione. Riposate in Me credendo alla mia bontà e vi giuro, per il mio Amore che, dicendomi con queste disposizioni: "PENSACI TU", Io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco.

E quando debbo portarvi in una via diversa da quella che vedete voi. Io vi addestro, vi porto nelle mie braccia, poiché non c'è medicina più potente di un mio intervento di Amore. Ci penso solo quando chiudete gli occhi. Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare e vi abbandonate cosi alle forze umane, o peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. E questo che intralcia le mie parole e le mie vedute. Oh, come Io desidero da voi questo abbandono per beneficarvi e come mi accoro nel vedervi agitati!

Satana tende proprio a questo: ad agitarvi per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda alle iniziative umane. Confidate perciò in Me solo, riposate in Me, abbandonatevi a Me in tutto.

Io faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in Me e del nessun affidamento in voi: Io spargo tesori di Grazie quando voi siete nella piena povertà!

Se avete vostre risorse, anche in poco, o se le cercate, siete nel campo naturale, seguite quindi il percorso naturale delle cose che è spesso intralciato da satana. Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi.

Opera divinamente chi si abbandona a Dio.

Quando vedi che le cose si complicano, dì con gli occhi dell'anima chiusi: "GESÙ PENSACI TU". E distraiti, perché la tua mente è acuta... per te è difficile vedere il male. Confida in Me spesso, distraendoti da te stesso. Fa' così per tutte le tue necessità. Fate così tutti e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli. Ve lo giuro per il mio Amore.

Io ci penserò, ve lo assicuro.

Pregate sempre con questa disposizione di abbandono, ne avrete grande pace e grande frutto, anche quando Io vi faccio la Grazia dell'immolazione di riparazione e di amore che impone la sofferenza. Ti sembra impossibile? Chiudi gli occhi e dì con tutta l'anima: "GESÙ PENSACI TU". Non temere, ci penso Io e tu benedirai il tuo nome umiliando te stesso. Le tue preghiere non valgono un patto di fiducioso abbandono; ricordalo bene. Non c'è novena più efficace di questa:

"O GESÙ, MI ABBANDONO IN TE, PENSACI TU".

"ABBANDONATI AL MIO CUORE...E VEDRAI".

Voglio che tu creda nella mia Onnipotenza e non nella tua azione: che tu cerchi di mettere in azione Me, non te negli altri.

Tu cerca la mia intimità, esaudisci il mio desiderio di averti, di arricchirti, di amarti come voglio. Lasciati andare, lasciami riposare in te, lasciami sfogare su di te continuamente la mia Onnipotenza. Se tu rimarrai vicino a Me non ti preoccuperai di fare per conto tuo, di correre per uscire, per dire di aver fatto; mi dimostrerai che credi nella mia Onnipotenza e Io lavorerò intensamente con te quando parlerai, andrai, starai in preghiera o dormirai, perché "ai miei diletti do il necessario anche nel sonno " (Salmo 126). Se starai con Me senza voler correre ne preoccuparti di cosa alcuna per te ma la rimetterai con totale fiducia a Me, Io ti darò tutto quello che ti necessita secondo il mio disegno eterno.

Ti darò i sentimenti che voglio da te, ti darò una grande compassione verso il tuo prossimo e ti farò dire e fare quello che Io vorrò.

Allora la tua azione verrà dal mio Amore. Io solo, non tu con tutta la tua attività, potrò fare dei figli nuovi, che nascono da Me. Io ne farò tanti di più quanto più tu vorrai essere un vero figlio quanto l'Unigenito, perché lo sai che: "Se farai la mia Volontà, mi sarai fratello, sorella e madre " per generarmi negli altri, perché Io produrrò nuovi figli, servendomi di veri figli. Quello che tu farai per riuscire, è tutto fumo in confronto a quello che faccio Io nel segreto dei cuori per quelli che amano.

"Rimanete nel mio Amore... se rimanete in Me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà dato " (Gv 15,7

INNO ALLO SPIRITO SANTO O Spirito Creatore, vieni, le menti visita: di grazia colma l'anima di chi creasti provvido. Consolatore ottimo, dono del Dio altissimo, sorgente, fuoco, carità, consacrazione intima. O Donatore benefico di sette doni mistici sul labbro degli Apostoli le lingue tu moltiplichi. I nostri sensi illumina, d'amore i cuori penetra,rafforza i corpi deboli col tuo potente impeto. Le forze ostili dissipa, dona la pace all'anima, con Te per guida, o Spirito, scampiamo dal pericolo. A noi rivela, o Spirito, il Padre e l'Unigenito, uniti a Te nell'intimo d'amore inestinguibile. Sia gloria al Padre altissimo, al Vincitor degli inferi, all'increato Spirito negl'infiniti secoli. Amen. V. - Manda il tuo Spirito e sarà una nuova creazione. R. - E rinnoverai la faccia della terra. Preghiamo: O Dio, che hai istruito i tuoi fedeli, illuminando i loro cuori con la luce dello Spirito Santo, concedi a noi di avere nello stesso Spirito il gusto del bene e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo nostro Signore. Amen. Gloria, adorazione, benedizione, amore a Te, Eterno Divino Spirito, che ci hai portato sulla terra il Salvatore delle anime nostre. E gloria e onore al Suo adorabilissimo Cuore, che ci ama di infinito amore! O Spirito Santo, Anima dell'anima mia, io Ti adoro: illuminami, guidami, fortificami, consolami, insegnami ciò che devo fare, dammi i tuoi ordini. Ti prometto di sottomettermi a tutto ciò che desideri da me e di accettare tutto ciò che permetterai mi accada: fammi solo conoscere la Tua volontà. SEGUENZA ALLO SPIRITO SANTO Vieni, Santo Spirito manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto; ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. 0 luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.

Informazioni personali

La mia foto
ALLELUIA!!!! MI CHIAMO GAETANO, HO 25 ANNI E SONO SICILIANO (PROV SR). FACCIO PARTE DEL PASTORALE DI SERVIZIO DEL MOVIMENTO DELL'ASSOCIAZIONE RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO DELLA MIA PARROCCHIA. NEL MONDO E NELLA CHIESA SIAMO CHIAMATI AD ESSERE PER LE ALTRE PERSONE, LA LUCE DEL MONDO, ATTRAVERSO LA PAROLA DI GESU' E LA NOSTRA TESTIMONIANZA.